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Gli sport invernali a Bormio

Fu al termine della prima guerra mondiale che gli alpigiani, scoprendo gli sci, mutarono la loro prospettiva nei confronti della neve, elemento prezioso per la campagna, ma anche nemico portatore di freddo e di difficoltà. Con gli sci la neve fu associata al divertimento e alla libertà di lanciarsi lungo i pendii innevati.

I più intraprendenti si specializzarono nella costruzione artigianale degli sci, sfruttando la naturale piegatura dei rami di betulla o di frassino. Per una miglior curvatura le punte venivano immerse nell’acqua calda e poi riposti nelle stalle dove la naturale umidità manteneva la forma della punta.
Gli sci più antichi, quelli di provenienza austriaca, avevano una lastra metallica che fungeva da attacco, sostituita poi da lacci di cuoio o di metallo.
Dei rami di nocciolo con una rotella in fondo e un laccio di cuoio in cima costituivano i primi bastoncini.

I più temerari si dedicavano al salto - soprattutto dopo la costruzione del trampolino del Ciuk (1949) - con sci lunghi e dotati di tre canaline incise nella soletta.
Per la pratica dell’alpinismo si utilizzavano i ramponi da ghiaccio e le racchette che permettevano di camminare sulla neve fresca senza affondare.
Slitte di diversa dimensione e funzionalità, alpensc’tok, sc’lipper (pattini di legno), picozze e corde completano l’attrezzatura dei pionieri dello sci bormino conservata al museo.

Affascinanti sono le testimonianze dei precursori dello sci, uomini intraprendenti e temerari, come i fratelli Sertorelli, noti come i Tanti, fra i quali si distinsero Cinto e Stefano, vincitore della medaglia d’oro alle olimpiadi di Garmisch del 1936.

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